Circoncisione: quando l’inferno è in famiglia

Quali sensazioni brutali e ripercussioni negative deve trascinarsi un uomo che ha conosciuto bambino la furente crudeltà di un genitore che a pochi mesi lo ha circonciso su un tavolo da cucina? Dovrebbe sentirsi umiliato? Forse dovrebbe convivere con la mutilazione di una parte del corpo, una mutilazione scelta da altri? O magari dovrebbe sentirsi fortunato, fortunato di essere sopravvissuto? Si, perché oggi in Italia, ma più in generale nel mondo sono sempre di più i bambini che a quell’ arcaico e crudele rituale non sopravvivono.

L’ultima vittima dopo le tante che la cronaca ci ha raccontato è di ieri. Il bambino neonato di origini nigeriane (secondo caso in due settimane) è morto in casa a Quezzi, quartiere collinare alla periferia di Genova. Nulla hanno potuto i sanitari del 118 giunti sul posto, null’altro che constatare la morte del neonato dopo una circoncisione fai da te eseguita in casa. Era in condizioni disperate anche il neonato ghanese quando è stato portato all’ospedale Sant’Orsola di Bologna dopo aver subito lo stesso intervento domestico eseguito dagli stessi genitori. Sta meglio invece il bambino nigeriano sottoposto domenica ad una pratica religiosa (come la chiamano i genitori) in casa, insieme al gemello, che invece è deceduto.

Quanti altri bambini dovremmo vedere morire senza poter fare nulla? Per correttezza di informazione è giusto ricordare che la circoncisione è un’usanza antichissima, che si diffuse in maniera indipendente tra le popolazioni in Asia, Australia, Africa e America del Sud. Nacque come rito di iniziazione: una sorta di secondo taglio del cordone ombelicale e quindi l’ingresso nella vita e l’unione del circonciso alla tribù. Con il tempo acquistò un significato mistico di purificazione e rinascita spirituale nell’ambito di diverse religioni. E’ chiaro intuitivamente che, affrontando questo problema, ci si trova di fronte ad un fatto ricorrente nella storia delle culture: quello per cui lo stesso “oggetto” culturale può assumere un diverso significato. Per quanto non raro, un fenomeno del genere è sempre particolarmente importante perché la sua spiegazione, laddove possibile, permette di penetrare il “mistero” dei processi di significazione culturale.

E’ lontana da me l’idea di giudicare le scelte religiose o culturali di popoli diversi, è un obbligo invece chiedere che una pratica tanto delicata non metta in pericolo la vita di nessun bambino. Non è una questione di “giusto” o “sbagliato” che sono solo concetti mentali creati da persone che hanno tutto l’interesse a mantenere la società sotto il proprio controllo. Ecco perché società diverse hanno concetti e regole diverse riguardo a ciò che è giusto o ciò che è sbagliato. Poi accadono le tragedie, come quelle di Torino, Bari, Roma, Bologna, Belluno, Genova e allora una riflessione bisogna pure farla. Bisogna fermarsi un attimo e capire come poter prevenire un atto tanto barbaro se fatto in casa.

Un bambino morto per circoncisione è una tragedia e lamentarsi dicendo che è ingiusto non serve ad annullare il fatto. Contrariamente riconoscere una situazione, affrontarla lucidamente, fare in modo che non succeda più questo si che sarebbe una giustizia ai bambini morti e a quelli che moriranno. Perché la verità è che se non faremo nulla altri bambini moriranno per mano, nella maggior parte dei casi, degli stessi genitori.

E’ anche giusto ricordare che in Italia il riturale della circoncisione è entrato nelle strutture sanitarie già da qualche anno. I maschi di religione ebraica o mussulmana possono essere circoncisi in regime di attività libero professionale come prestazione extra Lea (Livelli essenziali assistenziali) grazie a un progetto voluto dall’Associazione Karol Wojtyła. Nonostante questo si continua a mutilare i propri figli in casa, a rischiare la loro vita. Premesso che non sono una di quelle persone che vuole convincere, chi pensa che sia una cosa giusta, a non farlo; sono invece una di quelle che chiede la certezza della pena. Sono una di quelle contraria a sconti di pena seppur motivati da scelte religiose. E’ vergognoso che nel 2019 permettiamo che in Italia muoiano ancora bambini per una pratica cosi arcaica. Rispetto le usanze di ogni paese e cultura finché vengano eseguite regolarmente in sicurezza e nel proprio paese. Non è possibile uccidere bambini cosi. E non ditemi che non è un omicidio.

Susanna Marcellini per www.radioradio.it

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